[L’articolo seguente è apparso sull’edizione del 20 agosto 2009 del quotidiano Il Riformista. Il mio personale ricordo di Fernanda Pivano]
“Avresti dovuto brindare con me. Ma è stato bello comunque”.
E’ la dedica, scritta su un foglio a righe di quaderno, di Charles Bukowski che Fernanda Pivano mi mostrò la prima volta che la incontrai, anni fa, nel suo bell’appartamento affacciato sui giardini della Guastalla, a Milano.
All’epoca – io scrittore in erba, emerito signor nessuno, ancora lontano dal pubblicare romanzi gialli, dai premi e dalle traduzioni – mi ero messo in testa di scrivere un libro sull’autore americano. Sapevo che lo scrittore e Fernanda si erano conosciuti in California all’inizio degli anni Ottanta quando lui le concesse una lunga intervista, diventata poi il libro Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle (Feltrinelli). Da quel momento in avanti divennero buoni amici, rimanendo sempre in contatto.
Quando la contattai chiedendole di poterla incontrare, Nanda fu subito affabile e disponibile. Il suo numero lo si trovava sull’elenco del telefono per dirvi quanto fosse alla mano.
Bastò la mia passione per Bukowski come lasciapassare: lei è sempre stata ben disposta verso chi si interessava ai suoi amici scrittori. “Ce n’è così bisogno!”, ripeteva.
Trovarmela davanti fu una grande emozione: per me rappresentava un mito vivente tanto che entrare nella sua casa, tra pile di libri e lattine di Coca-Cola – che durante il nostro dialogo ha bevuto senza sosta – all’inizio mi lasciò un po’ disorientato. Durò solo un istante però: subito mi mise a mio agio. Iniziammo a parlare di letteratura americana e mi scordai di tutto il resto. Parlava di Bukowski con occhi sognanti ricordando lucidamente dettagli, dialoghi e situazioni. Passava con nonchalance a citazioni di “papa” Hemingway, di Jack Kerouac o di Allen Ginsberg. Sorridendo e compiacendosi del fatto che lei, amica dei più grandi ubriaconi della storia della letteratura americana, era sempre stata astemia. Fu su quella frase che mi mostrò la dedica del mio autore preferito. Il mio libro uscì qualche mese dopo ed ebbe un certo successo. Il titolo lo suggerì lei: Bukowski scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere (Stampa Alternativa).
Oggi io la voglio ricordare così: sorriso dolce e occhi sorridenti mentre beve Coca-Cola e mi parla di Bukowski. Adesso sarà con “papa” Hem, coi suoi adorati Beat, con De André… Ciao Nanda.