A volte non trovo le parole, quando parlo con la gente.
Allora mi cito addosso e incollo qui qualche riga del mio romanzo “L’uomo della pianura“.
Concetti che disegnano una filosofia che mi dico, dovrei seguire più assiduamente
Radeschi brindava a Hoogarden in un bar anni ottanta di via Plinio.
«Al tirava innanz» come si dice nella Bassa.
Un brindisi da solo, ci stava da Dio. E magari anche un ristornate greco. Un ghiros per ricordarsi delle ferie. Forse l’avrebbe fatto. L’alcool scorreva come si conveniva e lui aveva deciso di mettersi dalla parte del vaffanculo. Che è una parte rischiosa ma che non scende a compromessi. Quando ti schieri da quella parte è tutto bianco o nero. Tutto giusto o sbagliato. Tutti grandiosi geni o miserabili stronzi. Le vie di mezzo non esistono. Sono per i senza cocones. Mettersi dalla parte del vaffanculo ti fa sentire leggero ma devi sopportarne le conseguenze. Rifiutando gli stronzi con cui non puoi più mediare; basta con le vie di mezzo, basta stare a sentire quell’idiota che un giorno ti potrebbe tornare utile, basta col dare corda a piccoli uomini in un mondo di nani.
Con le donne era diverso. Con alcune di loro si percorrono solo brevi tragitti. Estati, inverni. Una stagione di sesso, ubriachezza spensierata, grandi promesse. O nessuna.
Radeschi non prometteva mai. Semmai ometteva perché mantenere è sempre difficile, se non impossibile. Già era difficile finire la stagione.
Mille telefonate e messaggi, cene, brindisi, profumi. Notti brevi e serate lunghissime per parlare, raggiungersi, stare insieme. Poi da un giorno all’altro la stagione cambia, le telefonate si fanno meno frequenti, la voglia di vedersi che sciama, il desiderio di tagliare la città da parte a parte che viene meno.
Non restavano nemmeno le promesse, almeno. Con Carla era andata così. Dopo le vacanze, non programmate ma capitate, la bella stagione si era conclusa. Ed erano cominciate le piogge.
Fino alla sera precedente.